di Bruno Raspini

 

Lo studente di Conservatorio, per sua stessa natura, si trova terribilmente a disagio di fronte a quello che i comuni mortali chiamano “tempo libero”.
La sola idea di trascorrere qualche ora nella nullafacenza, lontano dallo strumento o da studi di varia natura, getta l’animo del formando musicista nell’angoscia più assoluta.
Nonostante questa grande verità ogni studente deve confrontarsi, prima o poi, con lunghe giornate da trascorrere in Conservatorio senza possibilità alcuna di poter studiare a causa di un inaspettato sovraffollamento delle aule.
Di fronte ad una siffatta sfida etico-morale i più viziosi dilapidano fortune in sigarette e aperitivi mentre i più virtuosi vanno nascondendosi in bui anfratti dove potranno comporre fughe a più voci o imparare, finalmente a memoria, i modi gregoriani.
La maggior parte del corpo studentesco non potendosi ascrivere nelle suddette categorie si trova di fronte a una situazione di totale smarrimento e comincia così a lanciarsi sui grandi interrogativi che negli anni hanno sfiorato ognuno di noi: Chi era Giuditta Sidoli? E Giovanni Bolzoni? E, ancora, Teresina Tua? Le canne dell’organo del salone saranno tutte vere? Emanuela Gesualdo sarà parente con il ben più noto principe di Venosa?
Grandi interrogativi spesso privi di risposte esaurienti.
Se anche voi vi siete riconosciuti in queste poche righe questo articolo cercherà di dare un senso alle vostre ore buche suggerendovi itinerari artistici in luoghi a noi poco lontani.
Poco distante dalle sedi del nostro conservatorio sorge la chiesa di San Francesco da Paola; edificio sacro realizzato a partire dal 1633 su progetto dell’architetto, carmelitano, Andrea Costaguta.
La facciata, che interrompe elegantemente l’ordinato incedere dei portici di via Po, fu realizzata ,e conclusa nel 1667, dai maestri “luganesi” Martino Solaro e Giacomo Papa. Non deve stupire la presenza di due svizzeri in un cantiere torinese considerando che per tutto il secolo XVII e buona parte di quello successivo buona parte delle imprese edili e decorative operanti in Piemonte erano in mano a capi mastro, pittori, scultori e scalpellini provenienti dalle zone dei “laghi lombardi” che qui lavoravano per lunghi periodi dell’anno per poi tornare nelle terre natie nei mesi invernali.
L’interno, a navata unica, presenta una ricchezza di marmi incredibile e un numero di tele e altari di pregio assolutamente rilevante.
Chi entra in chiesa per la prima volta rimane senza fiato di fronte all’immensa mole e al suadente fascino dell’altare maggiore che venne costruito dalla bottega dello svizzero Tommaso Carlone su progetto dell’architetto Amedeo di Castellamonte e che ospita una monumentale tela, raffigurante Francesco Giacinto di Savoia e suo fratello Carlo Emanuele al cospetto di San Francesco da Paola portato in gloria, dipinta dal pittore Charles Dauphin.
La presenza nella chiesa di un altare così ricco non deve stupire in quanto il costo della sua realizzazione venne in buona parte coperto da un legato testamentario della reggente Madama Cristina (figlia di Enrico IV e sorella di Luigi XIII re di Francia), morta nel 1663, con cui la vedova di Vittorio Amedeo I di Savoia si impegnava a finanziare gli altari della chiesa di San Francesco da Paola e di quella dei S.S. Martiri.
Oltre alla tela dell’altare maggiore si segnala la presenza di altre due opere del Dauphin poste ai lati del presbiterio e più precisamente i dipinti raffiguranti il Voto di Luisa di Savoia (1664) e San Francesco da Paola che attraversa lo stretto di Messina.
La ricchezza della chiesa consiste anche in un buon numero di altari laterali di patronato nobiliare.
Entrando si incontrano sulla sinistra gli altari intitolati a Santa Genoveffa, alla Crocefissione e alla Vergine mentre sulla destra sono dedicati alla Trinità, a San Michele e all’Immacolata Concezione.
Notevoli le pale dipinte presenti in alcune di queste cappelle e opera di pittori del calibro di Stefano Maria Legnani (meglio noto come il Legnanino).
Fra tutti gli altari appena citati spicca quello di Santa Genoveffa che con le sue forme arrotondate e il suo andamento curvo e dinamico rompe la severità data dai “colleghi” ben più rigidi e statici.
Al centro dell’altare si trova la tela, di Daniel Seiter, raffigurante la Santa patrona mentre ai lati della cappella sono appese due tele mozzafiato opera di François Josermé.
Uscendo dalla chiesa, nella speranza che qualche aula si sia nel frattempo liberata, potrete notare un monumento sepolcrale piuttosto insolito, dedicato non a un vescovo, a un nobile o ad un ricco dignitario bensì al capo mastro Tommaso Carlone.

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