di Federico Mori

 

Parliamoci chiaro, siamo pigri.
Parlo per me ovviamente, ma uso il plurale per due motivi. Il primo è che sono sicuro di non essere l’unico pigro al mondo, tantomeno l’unico pigro che leggerà quanto sto per scrivere, almeno spero.
Il secondo motivo è semplice, usando il plurale mi sento meno in colpa nel fare questa affermazione.

Non mi riferisco a una pigrizia intesa come “indolenza” o come la voglia di stare notte e giorno sdraiato sul divano. Mi riferisco a una pigrizia dovuta all’impazienza .
Mi spiego meglio: siamo pigri perché non abbiamo più voglia di aspettare. Credo che una delle più grandi paure della quotidianità sia attendere, ne siamo terrorizzati. Luoghi come le poste, le code agli sportelli delle segreterie, le code per entrare ad ascoltare qualche concerto oppure, quelle che più mi angosciano, le attese per ordinare da mangiare.
Quando mai uno è felice di attendere? L’attesa è una tortura, dovuta al fatto che siamo inermi, dipendenti da qualcosa o da qualcun altro. Ma secondo me non è sempre stato così; è il mondo in cui viviamo che ci fa essere impazienti. Siamo abituati all’immediato. Ogni nostro dubbio trova subito risposta. “Quanti abitanti fa Shangai?”,”Domani pioverà?”, “A che ora chiude il supermercato sotto casa? Faccio in tempo a prendere due uova per la carbonara di stasera? E quanto costano? Forse la carbonara è troppo… meglio una zuppa di farro, ma qual è la ricetta?”.
Per rispondere a queste domande ci bastano un agile movimento di polso per estrarre lo smartphone, un pollice allenato per scrivere e il gioco è fatto: “Shangai fa 24 milioni di abitanti”, “Sì piove, portati un ombrello”, “Chiude alle 22 ma la zuppa di farro evitala meglio spaghetti e guanciale, costano due euro”.

Siamo viziati. La attesa ci spaventa perché non siamo più abituati. Non voglio fare i soliti discorsi nostalgici, come: “Trent’anni anni fa per chiamare la tua ragazza rispondeva prima il padre e poi…”. Non prendiamoci in giro, io mi trovo benissimo a vivere oggi, è comodo e immediato… perfetto per noi pigri.

Essendo uno studente di conservatorio, viene da chiedermi come questa impazienza si manifesti nell’ ambiente in cui vivo ormai da anni, quello della musica classica.
A mio parere il mondo smart ha rovinato il modo di ascoltare la musica, o meglio, siamo stati noi a permettergli questo.
Perché pagare fior di quattrini per stare due ore seduto in una stanza buia ad ascoltare cinquanta persone che sfregano casse di legno e soffiano dentro dei tubi, quando con il mio pollice ultra allenato e un paio di cuffie ho a disposizione l’intera opera omnia di Beethoven che posso ascoltare dove e quando voglio mentre faccio ciò che mi pare? Senza contare che sarebbe tutto gratis o quasi.

Se l’economia dei teatri classici si fonda sui biglietti venduti, io, come contrabbassista che spera un giorno di lavorare, mi deprimo parecchio. Quando faccio questo discorso alle persone noto reazioni diverse. Qualcuno la pensa come me e, nel darmi ragione, butta lì qualche frase per spargere un po’ di ottimismo sulla faccenda. Altri mi dicono che non si può paragonare l’ascolto in cuffia con quello dal vivo, il che è vero, ma è più facile e alla portata di tutti premere “Play” su Spotify.

Allora come faremo?
Spero che qualcuno di voi possa illuminarmi in qualche modo. A parer mio la risposta è semplice ma non vi piacerà, o meglio, non mi piace, perché per ora possiamo solo attendere…

One thought on “LA SINDROME DEL POLLICE SVELTO”

  1. Imparare a godersi il viaggio e non pensare solo alla meta; apprezzare gli anni della formazione senza la frenesia di finire il prima possibile e lasciarsi tutto alle spalle; lo spazio dell’attesa può essere riempito di meraviglia e attendere ha un po’ a che fare con il saper apprezzare il presente … è però qualcosa che si acquisisce insieme a qualche capello grigio : quando capisci che la strada davanti a te è più breve di quella che hai già percorso, e allora ben vengano anche l‘impazienza … l’appetito … e anche un po’ di pigrizia che se un pregio ha è quello di renderci creativi nello spingerci a trovare sempre la soluzione più immediata conveniente e semplice… praticamente geniale !… A voi studenti del Conservatorio va tutta la mia ammirazione perché sapete destreggiarvi stoicamente tra due mondi … o due tempi… quello della fretta e quello della calma, quello della modernità e quello del passato, quello della scuola e quello appunto del Conservatorio… siete ragazzi speciali e certamente non pigri ! A voi va il mio lunghissimo applauso !
    Barbara Goria

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