di Gabriele Cervia

 

L’opera. Quella grande invenzione umana che si manifestò già nelle prime rappresentazioni arcaiche del mondo greco e romano, e che da sempre ha accompagnato le vite di interi popoli nel tentativo costante di coniugare l’emisfero terreno con quello celeste, il linguaggio del corpo con quello della mente.
Si tratta di una delle più grandi e complete realizzazioni dell’Arte, nella quale intellettuali e creatori di ogni tempo si sono uniti per fondere più linguaggi espressivi in un’unica, mastodontica esperienza.
Friedrich Nietzche definì questa “esperienza” come <<l’unica per cui valga la pena di vivere>>. Nel testo intitolato “Die Geburt der Tragödie”, ovvero “La nascita della Tragedia”, il filosofo tedesco elaborò la visione della performance artistica come unica vera rappresentazione diretta dell’essenza umana, basata sulla dicotomia tra due opposti della stessa medaglia: Apollineo e Dionisiaco. Con l’evoluzione storica e artistica, secondo Nietzche questo valore primordiale del dramma scenico si sarebbe dissolto. Ma sicuramente, dai suoi albori fino ad oggi, il melodramma ha sempre rappresentato per l’uomo la grande possibilità di mettere in scena il vasto universo di azioni, pensieri ed emozioni della vita umana.

Il battesimo ufficiale dell’opera si colloca nel 1607, con la prima rappresentazione dell’ “Orfeo”, una “favola in musica” composta da Claudio Monteverdi per la corte dei Gonzaga e nella quale intervengono teatro, musica e danza, in un vortice multimediale che ha catalizzato l’attenzione dell’aristocrazia mantovana. Da allora, la musica ha ricoperto un ruolo fondamentale nella descrizione della narrazione scenica, e si è sviluppato uno specifico linguaggio “operistico” atto a completare tutto l’apparato comunicativo di ciò che non poteva esprimersi soltanto a gesti e parole. La sintesi perfetta di tale linguaggio si è codificata nei testi musicali concepiti per essere eseguiti all’inizio della rappresentazione scenica, e in seguito definiti Ouvertures.
Tutti i grandi operisti che hanno contribuito, dal XVII secolo ad oggi, alll’immortalità di questa forma d’Arte, hanno scritto innumerevoli Overtures, dalle più svariate forme e durate. Generalmente, il suo schema è quello del primo tempo di una sinfonia, strutturato cioè intorno a una forma – sonata dove i temi e i mondi armonici che vengono presentati e sviluppati sono il richiamo dei personaggi e le azioni prossime a svolgersi sulla scena. Ogni compositore ha saputo gestire in modo diverso e unico il materiale sonoro, rendendolo talvolta l’ambientazione, talvolta un singolo o molteplice protagonista, oppure una voce narrante esterna alla vicenda teatrale, o ancora il flusso dei sentimenti interiori di ciascun personaggio, elevandolo perciò a partecipante più o meno attivo dell’opera.

 

Il Concerto che l’Orchestra degli studenti del Conservatorio di Torino propone nella serata di Venerdì 1 febbraio è un percorso storico tra sei grandi capolavori musicali tratti dalla tradizione operistica italiana ed europea, realizzati tra il XVIII e il XX secolo.

Ad aprire la serata sarà l’ouverture de “Il Matrimonio Segreto” di Domenico Cimarosa, un’opera buffa sviluppata sul tema degli intrighi amorosi, il quale già viene evidenziato con sgargiante ironia nella contrapposizione tra i primi tre accordi orchestrali con cui inizia l’Ouverture e i successivi “pettegolezzi” a intervallo di terza dei primi e secondi violini, nel colore del pianissimo e su veloci movimenti di crome che poco dopo si espandono a tutto il corpo orchestrale, sempre mantendendo un’atmosfera di segretezza che in poco tempo è cancellata dal classico “tutti” settecentesco, con brillanti colori degli archi che prendono vita a partire dall’ossatura armonica di timpani, legni e corni. Tutta la sinfonia vede al suo interno il dialogo tra questi due elementi, ovvero la brillantezza del pieno orchestrale e i sussurri alternati tra archi e legni.

L’ouverture che segue è tratta dall’opera “La Clemenza di Tito” di Wolfgang Amadeus Mozart. Anche in questo caso la trama è di carattere amoroso, seppur si tratti di un’opera seria e con soggetto storico (il protagonista è l’imperatore romano Tito). Così come nel capolavoro di Cimarosa, anche l’introduzione di questa sinfonia è affidata a tutta l’orchestra, che accenna all’unisono un motivo di carattere militaresco esteso nell’accordo di Do Maggiore. Successivamente prendono vita dei moti di scale ascendenti e discendenti, che plasmano una vivace energia trattenuta dal generico colore del piano, il quale si alterna a forti improvvisi nella tipica dialettica sinfonica mozartiana. Attraverso uno sviluppo affidato ai contrappunti degli archi si ritorna a una ripresa del motivo iniziale, giungendo così a una ciclica conclusione del discorso musicale.

Sia l’Ouverture di Cimarosa sia quella di Mozart impiegano un’orchestra essenziale per elementi e quantità, molto vicina a quella protagonista delle sinfonie di Ludvig Van Beethoven nonché di una delle sue più celebri Ouvertures: “Coriolano”. Il titolo deriva dal nome di un aristocratico della Roma antica, che in seguito a varie vicissitudini venne esiliato, diventando in seguito Comandante del popolo dei Volsci nelle battaglie contro l’Impero Romano. Questa vicenda bellica è resa in musica da Beethoven grazie a una densa e seriosa scrittura caratterizzata dalla ripetizione quasi ossessiva di poche semplici cellule tematiche dai toni cupi e dal ritmo incalzante, le quali, dopo i primi quattro drammatici accordi iniziali, costituiscono il tema centrale della sinfonia, sviscerato in tutte le sue sfaccettature, al quale si contrappone il dolce suono del secondo tema, che compare in brevi spiragli luminosi presto travolti dal carattere marziale e controverso di tutta la sinfonia.

Di tutt’altro sapore è il suono dell’ “Intermezzo” di Pietro Mascagni, scritto per l’opera “Cavalleria Rusticana”, un capolavoro drammaturgico del Verismo italiano. In pochi minuti di musica strumentale, tutta la passione e i forti sentimenti che esplodono nel corso dell’opera convergono in una melodia dal lirismo unico, suonata all’unisono da tutti gli archi, ai quali si aggiungono solamente delle armonie arpeggiate dalle corde di un’arpa e dei piccoli interventi cantabili affidati a un oboe solo. Pochi, essenziali elementi sonori, mescolati insieme per creare un’atmosfera densa di forti profumi e caldissimi colori.

Il quinto brano proposto è una delle più variopinte sinfonie di un Maestro indiscusso come Gioachino Rossini, promotore dell’opera italiana e in particolare dell’opera buffa: “La Gazza ladra”. L’ouverture affida il suo esordio al suono diretto di un rullante, imitato in eco da un secondo rullante. Questo singolare dialogo percussivo dà il via al vero e proprio inizio della sinfonia, di carattere giocoso e irriverente, e dai ritmi marcati accentuati da un folto gruppo di percussioni (timpani, due rullanti, piatti, cassa e triangolo). In seguito a questa prima sezione trionfale viene esposta la prima idea melodica protagonista dell’Ouverture, affidata ai violini primi e ripetuta in modo minore e maggiore secondo i canoni del tipico “crescendo rossiniano” , interrotto da un corale di corni e fagotti che introduce il secondo personaggio tematico. Questo è costituito da un divertente dialogo tra i soli dei legni e le varie sezioni degli archi, e anche in questo caso il discorso musicale si carica di energia, fino a esplodere in un vorticoso finale dettato da un fortissimo orchestrale, le progressioni discendenti di un trombone solista, e il ritmi in accelerando delle percussioni.

 

L’ultima Ouverture proposta è quella tratta da “La battaglia di Legnano”, opera del compositore patriota che utilizzò il melodramma come strumento di dialogo per il popolo italiano, negli anni della nascita della sua Nazione: Giuseppe Verdi.
Anche in questa sinfonia, molto distante dalle precedenti per caratteristiche e orchestrazione, vi è una dicotomia tra due materiali sonori, uno marziale, esposto da un corale introduttivo degli ottoni e condotto in seguito da tutto il corpo orchestrale, e l’altro dolce e aulico, affidato alle voci soliste dei legni, che nelle sezioni centrali dell’Ouverture lo sviluppano attraverso soli, duetti, quartetti e molteplici variazioni. Protagonista indiscusso della sinfonia è il tema bellico, che attraverso i ritmi cavalcanti di tutti gli strumenti rievoca l’episodio dell’antica battaglia di Legnano, decisiva nell’ambito delle lunghe controversie del Sacro Romano Impero Germanico. A distanza di molti secoli, Verdi mette in scena questa vicenda attualizzandola con la situazione politica e sociale del suo paese, agli albori della sua genesi.

 

Gli echi di battaglia e i lirismi d’amore sono solo alcuni dei temi che accomunano questi sei grandi capolavori del patrimonio storico operistico europeo, riuniti in un concerto all’insegna dell’esaltazione dell’Opera come la più elevata forma di espressione creativa e culturale, strumento immortale unificatore di individui e di popoli d’ogni epoca.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *