di Matteo Curzola
Era il 1968: i Beatles cantavano Hey Jude, il mitico Syd Barrett abbandonava i Pink Floyd dando il suo addio definitivo alla musica e i Rolling Stones facevano ballare i ragazzi sul ritmo tribale di Sympathy for the Davil. Solo un anno dopo il mondo della musica sarebbe stato completamente stravolto dal leggendario Festival di Woodstock, evento simbolo di una rivoluzione portata avanti da un’intera generazione che non si riconosceva più nel superato stile della musica leggera dell’epoca. L’evoluzione tecnologica aveva infatti portato allo sviluppo di nuovi strumenti il cui funzionamento era strettamente legato all’elettronica come la chitarra elettrica, negli anni ’40, e l’organo Hammond, nel decennio precedente. Queste sonorità fecero innamorare immediatamente la popolazione più giovane. Ma fu proprio l’incoerenza tra queste inedite qualità timbriche e la vecchia musica pensata per strumenti acustici che condusse i musicisti alla creazione ad hoc di un nuovo linguaggio.
Tuttavia tutto questo, pur essendo molto poetico, non ha nulla di inedito: questa incoerenza tra nuove tecnologie e vecchi stili musicali era stata alla base della nascita della Musica Elettronica quasi vent’anni prima.

Come spiega il celebre compositore Karlheinz Stockhausen in un intervista, un architetto che deve costruire un grattacielo non usa più mattoni, legno e argilla, ma usa materiali innovativi come il ferro, il calcestruzzo e il vetro; allo stesso modo il compositore elettroacustico che crea un brano moderno non userà suoni provenienti da strumenti tradizionali ma prodotti da macchinari come oscillatori o nastri magnetici. In questo contesto artistico non sono più i violini o i pianoforti a fare la musica, ma sono le macchine a generare il suono. È chiaro che lo sviluppo tecnologico è un processo lento e graduale dal carattere del tutto sperimentale. La musica elettronica infatti, tra la fine degli anni ’40 e gli anni ’50, era trattata unicamente nei centri di ricerca che in Europa erano sovvenzionati e controllati dalle radio, ne sono un esempio i centri di Parigi, di Colonia o di Milano. Nel decennio successivo cominciarono a sorgere i primi studi nelle accademie: in Italia un ruolo fondamentale lo ha svolto il nostro Conservatorio.

Nel 1968 è stato aperto il primo corso SMET (Scuola di Musica Elettronica di Torino), un piccolo polo d’avanguardia fondamentale nell’evoluzione didattica della musica elettroacustica. Con il passare degli anni il fenomeno ha preso piede e le grandi aziende hanno dato inizio alla produzione su larga scala di oscillatori, nastri magnetici e altri congegni atti alla creazione sintetica del suono e molti musicisti, sopraffatti forse dalla curiosità, si sono avvicinati a questa nuova arte. Creare un brano tagliando, incollando, sovrapponendo o riversando frammenti di nastro magnetico era qualcosa di inedito, di incredibile, e generava suoni che nessuno strumento acustico era in grado di produrre e, cosa ancora più sconvolgente, che nessun orecchio aveva mai potuto sentire.

Al giorno d’oggi lo scenario si è ampliato: i vecchi registratori a nastro sono stati superati dai moderni e potenti computer che hanno portato alla nascita della Computer Music, ramo della Musica Elettroacustica che genera suoni partendo da un calcolatore, e allo sviluppo del Sound Design, ovvero la creazione di effetti sonori cinematografici o colonne sonore. In ambito accademico lo studio della Musica Elettronica è stato riconosciuto nel 2010 come corso di Laurea, la cui finalità è quella di fornire competenze tecniche e artistiche nell’ambito del repertorio elettroacustico e formare differenti profili professionali come ad esempio compositore ed esecutore di musica elettroacustica, sound designer, regista del suono, programmatore di ambienti musicali informatici e progettista sonoro (per multimedia, internet, cinema, tv). In altre parole il lavoro del musicista elettronico è legata a doppia mandata al multimedia, ai social e alla produzione cinematografica, cosa che, negli anni della massima diffusione del video in ogni sua forma, rende questo corso di studi più attuale che mai.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *