di Carlotta Petruccioli

L’uomo ha, da sempre, amato le storie. Nell’antica Grecia i rapsodi cantavano poemi affascinando folle di nobili e popolani che, rapiti da gesta eroiche, amori divini e mostri di mondi lontani, immaginavano di poter salpare su una nave e viaggiare fino ai confini della terra. Poi vennero i trovatori che donavano con le loro poesie e canzoni emozioni alle donne sole e annoiate in castelli freddi e bui. E poi l’Opera lirica, in cui le storie hanno come ancelle tutte le più alte capacità artistiche dell’essere umano (la musica, la pittura, l’architettura, la poesia…), che esaltandone ogni aspetto al meglio, le rendono delle vere regine. Ad esempio chi di noi non ha pianto sulle note drammatiche e conclusive di opere come Butterfly o Rigoletto? Sono storie già così commoventi, ma con un pizzico di magia data dai costumi, dalla regia e dalle scenografie diventano davvero indimenticabili!
Nel ‘900 si è introdotto nella cultura di massa il fratellino minore dell’Opera: il cinema. Più giovane, più alla mano, estroverso ed eclettico si è accattivato il favore di grandi e piccini, soprattutto nel momento in cui, grazie alla televisione, si è conquistato un posto a tavola con noi la sera. Proprio quest’anno è l’anniversario della nascita di uno dei più grandi registi di sempre: Federico Fellini che, con i suoi film, ha raccontato il cambiamento di società e persone, sottolineando con ironia le brutture del mondo che ci circonda e, con la cifra del surrealismo, evidenziato le assurdità del comportamento umano.

Nato nel 1920 da un commerciante di Rimini e da una casalinga di Roma, frequenta il liceo classico. Chissà, forse è qui che impara l’importanza delle storie e come raccontarle. Da subito incomincia a disegnare ed è proprio con caricature e fumetti che entra nel mondo dello spettacolo. Successivamente si cimenta in programmi radio, grazie ad uno dei quali conoscerà la donna che diventerà sua moglie e, forse, la sua musa: Giulietta Masina.
Quando si affaccia al mondo del cinema lo fa da sceneggiatore (colui grazie al quale, con sfumature e dettagli, la trama può prendere forma), ma sarà soltanto più tardi che intraprenderà la strada che lo porterà ad entrare nell’albo d’oro dei registi collaborando, quasi sin dall’inizio, con il compositore Nino Rota.

Purtroppo raramente guardando un film ne notiamo la colonna sonora, ma le musiche di Nino Rota hanno sicuramente contribuito a rendere immortali le opere di Fellini. I temi più celebri (penso ovviamente a quello di Otto e mezzo, Amarcord o La dolce vita) sono talmente famosi da portare con sé l’immagine di un intero mondo e di un particolare modo di vederlo e raccontarlo. Anzi, si può dire che all’estero rappresentino l’Italia tutta.
Nino Rota aveva iniziato a studiare musica al Conservatorio di Milano, dove ha avuto come insegnante, tra gli altri, Paolo Delachi, a noi tutti ben noto… Insegnerà lui stesso solfeggio e armonia in diversi Conservatori diventando, di quello di Bari, il primo direttore. Scriverà le colonne sonore di moltissimi film (non solo di quelli di Fellini), collaborando anche con registi del calibro di Luchino Visconti, Franco Zeffirelli e Francis Ford Coppola.
Si racconta che Fellini rimase subito affascinato dall’aura di magia che attorniava Nino Rota e che il compositore avesse scritto la perfetta colonna sonora per “Lo sceicco bianco” ancora prima che il regista gliela chiedesse. Fellini apprezzava particolarmente l’umiltà di Rota. Diceva che era uno dei pochi musicisti a comprendere che la musica in un film deve soprattutto sorreggere la storia e che soltanto raramente può esserne protagonista. Nonostante questo, in realtà, le musiche di Nino Rota sono talmente belle e caratteristiche che spesso nei film assumono il ruolo di vere e proprie controfigure dei personaggi al punto di divenire inscindibili da essi.

La particolarità del rapporto tra i due artisti stava nel quasi totale disinteresse che entrambi provavano per l’attività dell’altro e nel fatto che questo non inficiasse affatto l’esito della collaborazione. Pare che Nino Rota si addormentasse durante la proiezione dei film dei quali doveva comporre la colonna sonora e che Fellini non amasse ascoltare musica eppure… Fellini diceva di essere sempre turbato dalla musica. La considerava troppo perfetta. Diceva: “…la musica ha anche qualcosa di ammonitorio, nelle sue leggi perfette, evocate ed espresse, queste leggi sottili, allude a un regno che non puoi abitare, mi pare anche che abbia qualcosa di moralistico, che ci vuole ammonire. Che richiama un mondo celeste, perfetto”. E lui non voleva essere perfetto. Inoltre non assisteva volentieri ai concerti perché non voleva essere costretto ad ascoltare la musica, non voleva essere passivo. La apprezzava moltissimo, invece, quando collegata alle immagini. Si dice che a volte, nel montaggio dei suoi film, abbassasse il volume dei dialoghi per alzare quello della musica.
L’ultimo film cui il grande regista e il geniale compositore hanno collaborato è “Prova d’Orchestra”. Film del 1979* molto complesso, seppur breve, è una grande metafora in cui un gruppo di orchestrali, richiamo alla società nei suoi aspetti più vari, partendo dall’essere un insieme poco coeso (con inimicizie, tensioni e supposte superiorità), attraverso una vera e propria rivoluzione, finisce per essere stregato da un direttore d’orchestra autoritario e rinuncia così a tutti gli ideali per la sicurezza di una guida forte e dispotica. Direi un tema su cui riflettere ancora oggi…

Dal rapporto professionale tra due giganti come Nino Rota e Fellini non possiamo che imparare l’importanza della collaborazione e del rispetto dell’arte in generale, anche quando non ne siamo protagonisti. Non sarebbe bellissimo se tutti noi acquisissimo una sensibilità tale da riuscire a cogliere al volo quando dobbiamo essere in primo piano e quando invece ci viene richiesto di fare da contorno, come un paesaggio in un dipinto rinascimentale, bello e leggermente sfumato? Siamo tutti in grado di capire quando suonare forte e quando suonare piano, eppure perché quando ci relazioniamo con le persone non riusciamo a tenere conto delle opinioni, dei sentimenti e dei desideri altrui? Perché dobbiamo sempre urlare pretendendo di aver ragione, prendendo ogni cosa come una gara? Noi musicisti dovremmo essere maestri anche nell’ascolto: non sarebbe bellissimo, quindi, riuscire ad applicare alla vita in generale ciò che noi sperimentiamo tutti i giorni suonando?


*Nel 1979: in Giappone nasce il walkman; Giove viene fotografato per la prima volta; nasce RaiRadio3; Khomeini rientra a Teheran dopo anni di esilio a Parigi; si conclude il processo per la Strage di Piazza Fontana; entra in vigore il Sistema Monetario Europeo; Margaret Thatcher diventa Primo Ministro; Nilde Iotti diventa la prima donna ad essere eletta Presidente della Camera dei deputati; a Torino si svolge il primo gay pride d’Italia; Giorgio Ambrosoli viene ucciso; in Iraq Saddam Hussein diventa Presidente della Repubblica; in Sardegna vengono rapiti Fabrizio De André e Dori Ghezzi; l’ambasciata americana di Teheran viene assalita; da Roma viene emanato un decreto antiterrorismo, con un inasprimento delle pene per i terroristi; l’Unione Sovietica invade l’Afghanistan. L’anno precedente era stato rapito e assassinato Aldo Moro, evento che ha sconvolto l’Italia e che ha dato il via a una serie di omicidi e atti terroristici sia da parte delle Brigate Rosse che da parte di gruppi neofascisti negli anni successivi. Per saperne di più su questi anni cruciali della storia italiana e sulla strategia della tensione consiglio la lettura del libro “Italia occulta” del magistrato Giulio Turone, Mondadori 2019.

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