L’Unione Musicale di Torino, una delle Onlus più importanti nell’organizzazione di concerti di musica classica sul nostro territorio, come tutti gli anni propone un’interessantissima stagione di repertorio prevalentemente cameristico. Aspettando la ripresa dalla pausa natalizia il 18 gennaio con il duo Capuçon-Lugansky, rivediamo alcuni dei momenti salienti della prima parte della stagione nella serie pari-dispari.

La rassegna si apre il 19 ottobre con i francesi del Trio Karénine, con un programma vario ed entusiasmante: il Trio Notturno di Franz Schubert, inizialmente pensato dal compositore come secondo movimento del celebre Trio op. 100, il Trio in La minore di Maurice Ravel e, per concludere, il Trio op. 80 di Robert Schumann. Grandi applausi per questa giovane formazione che ha sicuramente offerto una prestazione convincente su tutti e tre i lavori presentati. Non memorabile il suono dell’ensemble, ma è comprensibile visto l’impatto che spesso ha il salone del conservatorio sul timbro e il bilanciamento.

Segue subito un’altra promettente proposta: il duo formato dalla violinista Diana Tishchenko e il pianista José Gallardo presenta la Sonata di M. Ravel e la complessa Fantasia in do maggiore per violino e pianoforte di F. Schubert, inframezzate dalla Terza sonata in re minore per violino solo Ballade di Eugène Ysaÿe. Eccellente la resa d’insieme della sonata di Ravel, curata nel minimo dettaglio. È stata invece sorprendente l’interpretazione di Ysaÿe: appurata la perfezione tecnica della Tishchenko, alcune scelte si allontanano in maniera drastica dalla tradizione e dalla prassi comune di questo celebre lavoro per violino solo. Non entusiasmante, invece, l’esecuzione della Fantasia: l’elevatissima difficoltà tecnica per entrambi gli strumenti si è spesso ripercossa sulla qualità dell’insieme, generando momenti di instabilità che però non sono mai sfociati in eclatanti “errori”.

Grandissimo successo il 16 novembre per il trio di star formato dal clarinettista Martin Fröst, Antoine Tamestit alla viola e il pianista Shai Wosner. Oltre al Trio dei Birilli K. 498 di Wolfgang Amadeus Mozart, originale per questi strumenti, il programma comprende arrangiamenti di altri brani per questa formazione: il Trio in re minore di Gabriel Fauré e, di Johannes Brahms, Zwei Gesange op. 91 e il Trio in la minore op. 114. Davvero incredibile la vasta gamma di suoni esplorati dai tre: spesso il suono del clarinetto e della viola sembravano un’unica vibrante e vellutata voce.

La settimana successiva, una serata ricca di emozioni con l’Ensemble Tempo Ritrovato, composto da musicisti di livello, tutti formatisi al Conservatorio di Torino. La serata, che vede in programma il Quintetto il sol minore K. 516 di W. A. Mozart e il Sestetto in sol maggiore op. 36 di J. Brahms, è dedicata ad Andrea Alpestre, violista dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia scomparso qualche settimana prima. Il concerto si conclude con uno struggente ed emozionante bis arrangiato da Simone Briatore, uno dei lieder dalla seconda Sinfonia di Gustav Mahler.

Il 30 novembre vede protagonista il pluripremiato Quartetto Belcea, punta di diamante delle attuali formazioni di insieme per archi. Una sopraffina tecnica quartettistica e le interpretazioni accentuatamente personali (talvolta anche eccessivamente manieristiche) accompagnano il pubblico attraverso un variegato programma che va dal Quartetto in do maggiore op. 20 n. 2 di Franz Joseph Haydn a Ludwig Van Beethoven con lo splendido Quartetto in fa maggiore op. 59 n. 1 (Razumovsky), passando per il celeberrimo Quartetto n. 8 in do minore op. 110 di Dmítrij Sostakovic. Davvero stupefacente la comunione di idee musicali dei quattro membri tra i quali, tra l’altro, figurava un sostituto del secondo violino ufficiale del quartetto, costretto a rinunciare al concerto. Una serata memorabile per la qualità di suono del gruppo: raramente si sente il salone del conservatorio così riempito e risonante. Era successo, ad esempio, l’anno scorso nel magistrale concerto del Quartetto Hagen.

Leonardo Vezzadini

 

 

 

 

 

 

L’apertura della stagione 2022-23 ha visto in scena il pianista ucraino Vadym Kholodenko.

Nato a Kiev, Kholodenko è uno dei pianisti più affermati della sua generazione e la sua fama ha raggiunto il vertice dopo la vittoria del Van Cliburn.

Per il pubblico di Torino ha eseguito ha eseguito musiche di Prokofiev e di Schubert.

Per quanto riguarda il primo compositore, la sua esecuzione è stata magistrale: controllo, pulizia e suoni meravigliosi hanno contribuito a rendere la Settima Sonata e soprattutto il suo  Precipitato un fine concerto scoppiettante.

Schubert, invece, credo che non sia stato eseguito in modo da cogliere al meglio le differenze di scrittura tra il compositore viennese e quello russo. A mio modo di vedere il compositore viennese, non è stata un’esecuzione molto attinente al testo. Anzi, l’impressione era che Kholodenko si fosse avvicinato ai due compositori nella stessa maniera, snaturando così l’intima bellezza (soprattutto) dei Drei Klavierstücke D.946.

 

Il concerto del 9 novembre 2022 ha avuto, invece, come ospite Nelson Goerner. Il pianista argentino è uno tra i più acclamati pianisti che ci siano in circolazione ed è figlio della scuola di Maria Tipo. Il recital, tutto romantico, aveva in programma musiche di Chopin e Schumann. Goerner ha aperto il concerto con le 4 Ballate del compositore polacco, ma il mio giudizio generale sulla loro esecuzione non è molto positivo: troppo poco sensibile e raffinata per Chopin.

Di Schumann, purtroppo, dopo aver ascoltato l’esecuzione degli Studi Sinfonici Op.13, direi la stessa cosa. Sicuramente molte belle intuizioni, ma da un pianista del calibro di Goerner mi sarei aspettato assolutamente di più: un po’ un “flop”.

 

La chiusura dell’anno 2022 è stata affidata a Mikhail Pletnev. Conosciuto in tutto il mondo e pianista dalla carriera davvero notevole, a soli 21 anni vede la sua consacrazione dopo la vittoria del prestigioso Concorso Tchaikovsky.

Il programma della serata era composto da una miscellanea di pezzi di Brahms e di Dvorak (molti dei quali erano una prima esecuzione all’Unione Musicale). Posso sicuramente definire la sua esecuzione come una delle più belle esperienze uditive mai fatte: si aveva quasi la sensazione di entrare in contatto con l’anima del pianista in uno stupendo viaggio con lui attraverso il suo modo superbo di suonare…insomma, un concerto davvero eccezionale.

 

Dario Egile

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