Il più catastrofico evento della mia vita… sono in pena per la mia mano. Un ostacolo al mio fine ultimo: la GLORIA, la FAMA. Un evento insormontabile secondo i dottori. Questa è la prima vera sconfitta della mia vita. Primo pensiero serio: iniziare una auto-analisi. Dubito, tuttavia, che MAI recupererò, ma anzi la mia ora più buia deve ancora venire. Prima devo pensare al valore dell’amore, della religione, di Dio. Ho ancora una grande fede in LUI. Io prego dal profondo del mio cuore, con fervore, sono andato in chiesa… Ho pianto contro il destino, contro Dio. Composta la prima sonata con la “Marcia Funebre”.

1891 – dal diario di Skrjabin (Bowers F., 1997)

Nel fiore dei suoi vent’anni, Skrjabin si dispera sul suo diario peraver infortunato la propria mano destra. Tra le sue pagine non descrive mai in modo preciso i sintomi, ma emergono la sua mancanza di controllo e il senso di dolore e debolezza. Esercitarsi allo strumento gli era impossibile: una sciagura insormontabile per un ragazzo giovane, promettente e prossimo all’esame di diploma in pianoforte al Conservatorio di Mosca.

I primi sintomi iniziarono nell’estate 1891, quando, in vacanza con la famiglia sulle rive di Klyazma, Skrjabin si stremò in un prolungato e intenso esercizio al pianoforte. Voleva eseguire i tortuosi tecnicismi delle “Reminiscenze del Don Giovanni” (LW 80) di Franz Liszt, ma qualcosa andò storto. Da quel momento in poi, prima dei concerti Skrjabin si scuserà con il pubblico per la sua “sofferente e debole mano destra” e questa sarà determinante nello sviluppo della sua carriera e arte compositiva (Altenmüller, 2015).

Le parti della mano sinistra infatti godono di una maggiore complessità fin dalla sua prima sonata (Op. 6), conclusa nello stesso anno della comparsa dei sintomi. Qui la mano sinistra si apre in ampi accordi di decime, trilli (es. il basso della Marcia Funebre), mentre la destra sembra voler evitare ulteriori affaticamenti muovendosi in deboli motivi senza superare le ottave di apertura. Ancora più evidente è l’Op. 9 per la sola mano sinistra pubblicata nel 1894 e composta da Preludio e Notturno, due brani definiti in seguito “magici” per l’effetto che producono. Veloci salti della sinistra legati da un sapiente uso del pedaledisegnano la melodia del soprano e la voce soffusa del basso dando l’illusione di due tocchi separati. Accolti calorosamente dal pubblico, Skrjabin li inserì nel programma dei suoi recital e scrisse nel 1896 al suo editore Mitrofan Petrovich Belaieff: “Il concerto del 16 marzo è andato eccezionalmente bene e il Notturno per la mano sinistra ha suscitato una grande impressione(Valentina Rubcova, 2011).

Tuttavia, la storia di Skrjabin non parla soltanto di riscatto, ma anche di un sistema di cura sbagliato, perché non recuperò mai del tutto le capacità della mano destra. Le cause si possono ricondurresia all’ignoranza della medicina dell’epoca sia alla scarsa considerazione delle specifiche problematiche dei musicisti.

Skrjabin venne visitato due dottori che esclusero da principio l’intenso ed eccessivo esercizio al pianoforte come causa del suo dolore alla mano destra. Le indicazioni furono le stesse: riposo estremo, astensione totale dal pianoforte, bagni in acqua di mare e il consumo regolare di kumiss, un prodotto della tradizione mongola e tartara simile al kefir, che contiene una percentuale del 1-3% di alcool. Nel 1893 in una lettera, Skrjabin dirà: “Devo ammettere che qualunque tipo di lavoro è possibile solo di rado durante la cura kumiss. Alcuni chiamano il trattamento “alcolismo inoffensivo”” (Hellmundt C., 1988, p. 54). A tutto ciò seguirono altre terapie generiche, che non erano rivolte al miglioramento della mano e del sistema motorio.

Dalle testimonianze oggi sappiamo che soffrì di dolore cronico miofasciale dovuto a iper-utilizzo della mano. Skrjabin provavaun’eccessiva sensibilità in risposta a faticosi passaggi tecnici e soffriva al solo muovere la mano sulla tastiera (Altenmüller, 2015). La sua fitta muscolare era cronica, un problema serio che, secondo gli studi più recenti, può intaccare anche il sistema nervoso, modificando la memoria del dolore e creandone una percezione distorta. Si instaura un circolo vizioso per cui si evitano determinati movimenti per la paura di provare dolore, ma allo stesso tempo si consolida la memoria del dolore di quel movimento. Aumenta una sensazione di ansia al solo pensiero di suonare. Un disturbo fisico e neurologico, per cui non esiste una sola terapia, ma richiede di combinare trattamenti farmacologici, riabilitazione e spesso anche cure psicologiche. Anche se conforme alle conoscenze mediche dell’epoca, oggi la cura di riposo e kumiss prescritta a Skrjabin appare disabilitante e inutile. E soprattutto incurante del bisogno di esercitarsi di un musicista, come si accorse lui stesso:

“Loro considerano soltanto il momento che ha provocato la paralisi e studiano come le persone si infortunano, invece di servire ciò che è vero, buono e artistico. Nessuno protesta! Nessuno li ostacola. Loro sono fermi alle statistiche, quanti musicisti infortunano loro stessi…” (Hellmundt C., 1988, p. 60).  

Tra le prime volte per iscritto, emerge il bisogno di figure professionali che aiutino e comprendano chi utilizza il proprio corpo per lavorare ed esprimersi. La lista di musicisti con disturbi legati all’esercizio allo strumento è lunga e, nonostante le maggiori conoscenze mediche, continua ancora oggi. Infatti, disturbi muscolari, come quello di Skrjabin, o di origine neurologica, come la distonia, sono spesso ignorati dai medici e dagli stessi musicisti, che trascurano i primi sintomi causando un aggravarsi delle proprie condizioni. Dalla consapevolezza della specificità di trattamenti e diagnosi di musicisti, cantanti, attori e ballerini, negli anni Ottanta è nata la cosiddetta medicina degli artisti, ma è poco diffusa, soprattutto in Italia. Qui non esistono centri di ricerca specializzati e gli ambulatori sono rari. Per cambiare la situazione si dovrebbe facilitare l’accesso a queste strutture e promuovere la prevenzione dei singoli musicisti, accettando i propri limiti e riconoscendo l’importanza del proprio benessere sia psichico sia fisico.

Camilla Fiz

Fonti:

Altenmüller, E., 2015. Alexander Scriabin, in: Progress in Brain Research. Elsevier, pp. 197–215. https://doi.org/10.1016/bs.pbr.2014.11.031

Bowers F., 1997. Scriabin: A Biography. Dover Publications, Mineola, NY.

Hellmundt C., 1988. Alexander Scrjabin:Briefe. Philipp Reclam jun., Leipzig.

Valentina Rubcova, 2011. Prefazione Preludio e Notturno Opera 9, Scrjabin.

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