Probabilmente molti di voi non conoscono John Cage e l’importanza che ha avuto nello sviluppo della ricerca musicale d’avanguardia, filosofica e sociale. Proprio per questo trovo stimolante avere la possibilità di farvelo conoscere, grazie ad un approccio meno accademico e più concettuale.

Quindi questo non sarà un articolo incentrato sulla storia di questo grande autore, ma servirà semplicemente per contestualizzare quello che è il suo pensiero e la sua eredità oggi.

 

John Cage nasce a Los Angeles nel 1912 e già durante la sua infanzia si avvicina alla musica prendendo lezioni di pianoforte dalla zia materna. Dopo un lungo viaggio in Europa, torna in California per dedicarsi principalmente alla musica. Cage, però, è sempre stato curioso e attratto anche da altro, tra cui l’architettura, la pittura e la poesia, ma la sua più grande passione oltre la musica sono i funghi.

La sua carriera inizia nel 1936 alla Cornish School Of The Arts, come compositore di musiche per balletto. In questi anni continua a sperimentare e perfezionare il suo pianoforte preparato, esplorando nuovi timbri sonori.

Verso la fine degli anni ‘40, Cage si appassiona alle culture orientali, dalla musica alla filosofia indiana, al Buddhismo Zen. Affascinato da quest’universo, nel 1950 si procura il libro dei Ching, il libro dei mutamenti, che utilizza successivamente per realizzare nuove opere. Il concetto alla base di questo approccio è il rifiuto della concezione della musica in quanto suono organizzato, liberandosi dal modello musicale europeo di stampo romantico, distruggendo il mito del compositore genio e della sua centralità.

Qualche anno più tardi visita la camera anecoica, dove ha modo di ascoltare il silenzio. Quest’esperienza gli farà raggiungere la consapevolezza dell’impossibilità di ottenere il silenzio assoluto. Decide così di pensare il silenzio come materia sonora, concependo come questo sia comunque composto da suoni diversi, in punti diversi dello spazio e in momenti diversi nel tempo: proprio come la musica.

Il suo brano più celebre dopo questa epifania è 4’33’, dove la performance di Cage consiste semplicemente nel non suonare un pianoforte per 4 minuti e 33 secondi, aprendo la strada a nuovi punti di vista sul concetto della musica stessa.

 

Il silenzio che possiamo percepire noi oggi è principalmente il traffico, per chi vive in una città come Torino: nonostante sia sempre il solito via vai di veicoli e persone, questo sarà sempre diverso e mai replicabile. Quella rumorosa massa di suoni è essa stessa il silenzio. Anche quando ci stiamo per addormentare, soli in casa, siamo costantemente accompagnati da suoni, quasi impercettibili, ma sempre presenti attorno a noi.

 

Forse quello di Cage era anche un modo per fermarci un attimo da qualsiasi cosa stessimo facendo, ponendoci davanti alla condizione unica dell’ascolto così com’è, senza necessità di trovare un motivo, o una spiegazione a tutto ciò. Non solo ascoltare ciò che ci circonda, che spesso può sembrare solo noioso, ma ritornare ad ascoltare l’altro, ad ascoltarci tra di noi. Non è necessario porsi domande o farsi un’opinione nel momento stesso in cui qualcuno ci parla, ma conta solo ascoltare e comprendere.

 

Un’altro interessante caso di John Cage è l’opera Organ²/ASLSP, l’adattamento per organo di un suo brano per pianoforte, composto nel 1985 e che era pensato per adattarsi e durare dai 20 ai 60 minuti. Questa versione con l’organo si svolge ad Halberstadt, in Germania, con la prima nota suonata nel 2001. L’organo suona 24 ore su 24, 7 giorni su 7 grazie ad un sistema di pesi sui pedali dell’organo, spostati in date e orari prestabiliti, seguendo la partitura. Ancora più bizzarro è che il prossimo anno è prevista solo l’esecuzione della diciassettesima nota, mentre il brano si concluderà il 5 settembre 2640. Ti assicuro che non è un errore di trascrizione.

Tutto ciò accade perché Cage nella sua partitura indica tutto tranne il tempo di esecuzione del brano stesso, proprio come la sua versione col pianoforte.  

 

Possiamo interpretare questo in tanti modi diversi e poter parlarne assieme per ore, ma a cosa servirebbe se la musica non ha bisogno altro che d’essere ascoltata?

 

Se sei arrivato in fondo con la lettura, posso sperare che ti abbia quanto meno messo un po’ di curiosità, anche se per il meme. Anche John preferiva che la gente ridesse alla sua musica, piuttosto che piangere.

Facci sapere con un commento cosa ne pensi.

 

Andrea Petruzzo

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